La breakdance approda, dunque, alla Olimpiadi. Un risultato cercato, atteso, sospirato. E oggi premiato dalla decisione del CIO di inserire la disciplina nel programma di Parigi 2024. Ne ha fatta di strada questo sport. E mai come in questo caso espressione fu più calzante, giacché è proprio sulla strada che la breaking muove i suoi passi. E sono passi che vanno a ritmo di musica, quella segnata dai ritmi che Clive Campbell lanciò nella “sala comune” del suo caseggiato al 1520 della Sedgwick Avenue, nella parte meridionale del Bronx, a New York.
È a lui che si deve se a cavallo degli anni Settanta si sviluppa questa danza sportiva nell’ambito della dilagante cultura dell’hip hop. Forse oggi bisognerebbe chiedergli cosa prova nell’apprendere che la sua abilità di dj nell’isolare e miscelare ritmi musicali coinvolgenti al punto da creare un movimento culturale che è ormai riconosciuto e affermato in tutto il pianeta. In realtà Clive Campbell è il suo nome di battesimo, ma quello di artista riconosciuto come padre fondatore di questo movimento culturale è DJ Kool Herc, dove è Herc è la radice di Hercules, il soprannome che nelle strade e nelle feste del Bronx gli fu assegnato per altezza, muscolatura e abilità nel giocare a basket.
DJ Kool Herc è uno che la musica ce l’ha nel sangue. Il suo Dna giamaicano (è nato a Kingston nell’aprile del 1955) gli producono una serie di sensazioni e di reazioni contrastanti, vivendo in un quartiere come il Bronx, che sul finire degli anni Sessanta è percorso da tensioni molto aspre e da cambiamenti dovuti principalmente alla costruzione della ciclopica Cross Bronx Expressway. Parliamo dell’autostrada urbana che impiegò ben 24 anni per essere realizzata (dal 1948 al 1972) durante i quali fece precipitare il valore immobiliare delle case del quartiere, provocando la “fuga dei bianchi” verso altre zone della città. Un esodo che non fu senza conseguenze perché condannò la popolazione residente alla povertà, generando l’humus su cui si sviluppò il fenomeno delle gang giovanili votate alla strada e alla violenza. Un fenomeno che per cinque anni (dal 1968 al 1973) sconvolse il Bronx, spesso per la contrapposizione tra bande composte da portoricani da un lato e neri afroamericani dall’altra.
In questo clima crescono DJ Koll Herc, la sua musica, il suo stile, la sua voglia di reazione a tanta violenza, ma anche a quella musica “abbottonata” che pervadeva i frequentatori delle sale dei quartieri più “signorili”. Ed è così che la musica e soprattutto le sue feste diventano una strepitosa alternativa alla violenza e allo snobismo, riuscendo a coagulare un grande pubblico che negli anni ha creato uno stile di danza, che dilagò dopo la pace tra le gang. Aggressività e combattività furono incanalate in un modo nuovo di ballare e le “battles” diventarono il modo di affrontare gli avversari con abilità stilistiche, ritmiche e acrobatiche piuttosto che con i colpi di pistola.
Come si vede i risvolti politici, economici, sociali costellano la storia di questo movimento. E sebbene la danza sportiva, in tutte le sue molteplici espressioni, abbia prodotto una letteratura ampia come rivelazione di condizioni sociali di popolazioni autoctone e migranti in tante parti del mondo, la breaking rappresenta una manifestazione eloquente di come una cultura del movimento e della musica abbia la capacità di incidere sui comportamenti delle persone e delle comunità.
L’ammissione all’Olimpiade è il grande successo che corona il sogno di tutto il “popolo” della danza sportiva. Lo è perché esprime una positività in grado di superare l’istintività delle guerre dettate da un becero senso di appartenenza. È una conquista sociale, non solo sportiva perché qui non si discute solo di performance. Si parla di un modo di superare differenze e diversità grazie a un minimo comune denominatore che consente di ispirarsi alla bellezza del movimento e al riscatto dell’essere umano. Sembrerebbe retorica, ma non lo è. Non lo è per quella strada che la breaking ha percorso. Partendo dal South Bronx per giungere nell’Olimpo dello sport.
Dionisio Ciccarese